L'AMORE DI COPPIA (Il caso, i Beatles e il diagramma di Ishikawa: i piccoli elementi che, apparentemente insignificanti, accumulandosi, portano al disastro)
L’amore è un’illusione che ci fa sentire meno soli, ma allo stesso tempo ci getta in una condizione di vulnerabilità.
La leggerezza dell’amore, come una piuma al vento, può sembrarci inizialmente liberatoria, ma è anche il preludio alla caduta.
Penso spesso a come le piccole cose – un silenzio troppo lungo, una parola non detta, bugie bianche, grigie e nere, abitudini che schiacciano il bisogno di cambiamento– possono trasformarsi in crepe.
Eppure, l’amore che facciamo, nella sua più ampia accezione, sembra davvero determinare quello che riceviamo.
Qui entra in gioco il senso della canzone dei Beatles, “The End”. L’amore che ricevi è uguale all’amore che fai.
Ma davvero? Se fosse così semplice, ogni rapporto amoroso sarebbe un allineamento perfetto tra dare e ricevere, senza incomprensioni.
Forse, non è tanto l’amore che si dà o si riceve, quanto la qualità di quel dare.
Quale comunicazione si cela dietro ogni gesto? Quanto profondamente siamo capaci di vedere l’altro?
In amore si riesce a cogliere l’infinitesimale, l’impercettibile?
Io so che "l'amore non è mica tutto razionalità" (M. Thompson Nati), ma sono anche affascinato dall’evidente, dai segnali chiari.
L’amore alle volte si trasforma in un crimine, una specie di omicidio silenzioso dove i due amanti, senza saperlo, si distruggono a vicenda (o uno l'altro) con ogni omissione e malinteso.
Ecco perché l’immagine del diagramma di Ishikawa mi affascina: quell’idea di scomporre una relazione in cause e conseguenze, in piccoli elementi che, apparentemente insignificanti, accumulandosi, portano al disastro.
Un diagramma a lisca di pesce dell’amore di coppia potrebbe sembrare assurdo, ma forse non lo è.
Il problema centrale potrebbe essere una crisi di comunicazione, e le cause potrebbero essere infinite: mancanza di ascolto, routine, aspettative divergenti, incapacità di mostrarsi vulnerabili. Ogni singolo problema contribuisce a scavare un solco.
Quando finalmente ci si rende conto del disastro, spesso è troppo tardi.
È come un fiume che si gonfia lentamente fino a straripare.
Ma, alla fine, è sempre la somma delle piccole mancanze a condurci all’inevitabile.
E le parole non sono mai troppe, io vedo l’amore di coppia come una storia di sottrazioni. Si parte con un’abbondanza di emozioni, promesse, sogni condivisi. Poi, gradualmente, si comincia a togliere: l’entusiasmo, la leggerezza, la capacità di sognare insieme.
Il diagramma di Ishikawa diventa allora uno schema di sottrazioni, dove si sottrae la sincerità, poi la fiducia, poi il desiderio.
Quello che rimane alla fine è una struttura spoglia, un amore svuotato, simile a una casa abbandonata.
Ma ciò che trovo particolarmente crudele è che il processo è quasi invisibile.
Le persone continuano a dirsi che si amano, ma non lo sentono più.
Continuano a convivere nello stesso spazio, ma la distanza tra loro cresce ogni giorno di più.
Eppure, quella frase dei Beatles mi colpisce. Forse, alla fine, c’è un equilibrio in tutto questo: l’amore che ricevi è uguale all’amore che fai. Ma non parliamo di quantità, parliamo di autenticità.
Se il tuo amore è superficiale, quello che riceverai sarà altrettanto vuoto.
Se è profondo, potrai aspettarti reciprocità.
In questo discorso sul dare e ricevere, c’è un altro elemento che non dobbiamo trascurare: il caso.
L’amore è, in parte, una questione di fortuna. Non possiamo sempre scegliere come l’amore verrà ricambiato.
E, come la vita, l’amore è intrinsecamente incerto. Ma c’è qualcosa di profondo nella frase dei Beatles che ci invita a riflettere sulla reciprocità, sul fatto che l’amore non può essere unilaterale.
Pensiamo al diagramma di Ishikawa come a un tentativo di dare un ordine al caos.
Esaminiamo le cause, cerchiamo di trovare l’origine del problema.
Ma l’amore, come la poesia, è fatto anche di tutto ciò che non riusciamo a spiegare.
Non è sufficiente tracciare linee e frecce per capire perché una coppia smette di comunicare.
A volte, ciò che manca è la magia dell'emozione, l'adrenalina.
Ma, altre volte, manca semplicemente la volontà di prendersi cura di ciò che si è costruito.
Eppure, la frase “l’amore che ricevi è uguale all’amore che fai” può essere vera solo se si è disposti a dare senza condizioni, senza aspettative immediate.
In amore, come nella vita, non si può sperare di controllare tutto.
Ma è l’atto stesso del dare – autentico, aperto, generoso – che alla fine rende possibile ricevere.
Il problema è che le persone non sempre sono pronte a darsi completamente. C'è sempre un elemento di paura, una parte che tratteniamo per non rischiare di essere feriti.
Ed è qui che falliamo, perché, come accennato, è nella sottrazione continua che si trova il vero pericolo.
Quando smettiamo di dare, quando smettiamo di comunicare apertamente, lasciamo spazio al malinteso, e questo è il primo passo verso la fine.
Ma se ci affidiamo troppo al dare e al ricevere in modo bilanciato, non stiamo forse limitando la spontaneità dell'amore?
Forse, ma la spontaneità senza struttura porta solo a più incomprensioni.
Ecco perché, come nel diagramma di Ishikawa, dobbiamo scomporre il rapporto, analizzarlo, trovare le cause dei piccoli disastri prima che diventino irreversibili.
Perché, una volta che l’amore è morto, sovente non c'è ritorno.
La reciprocità, in fondo, non è una formula matematica, ma un delicato equilibrio di comunicazione, fiducia e vulnerabilità.
Forse l’unica verità è che non possiamo mai comprendere appieno l’amore. Ma possiamo cercare di mantenerlo vivo, riconoscendo che è fragile, esattamente come la vita stessa.
(A. Battantier, Memorie di un amore, Mip Lab, 9/24)
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"Sarai nei miei sogni stanotte? Ti amo, ti amo. E alla fine l'amore che ricevi è uguale all'amore che fai". (The End, The Beatles)
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