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VANIDDUZZA: HO VISTO UNA PECORA VOLARE

C'era una volta una pecora, con la testa china a brucare l'erba verde dei pascoli, immersa nel quieto rumore del vento tra i fili d'erba. 

Epperò questa pecora aveva un segreto: fin da agnellina aveva preso a guardare il cielo, sempre di più. 

Si chiamava Vanidduzza, e non c’era nulla che amasse più delle altezze, delle nuvole che si rincorrevano nel blu, delle stelle che pulsavano di notte.

Da quando aveva memoria, Vanidduzza osservava il cielo con una passione che non sapeva spiegarsi. 

Mentre il suo gregge si muoveva ordinato attraverso i prati, lei restava indietro, lo sguardo fisso su un piccolo punto bianco che danzava tra le nuvole più grandi. 

Era una nuvoletta minuta, evanescente, che sembrava non seguire mai il vento ma piuttosto vagare libera, senza una meta precisa. 

Vanidduzza l'aveva notata in un giorno qualunque, e da quel momento non aveva più smesso di cercarla.

Col passare delle tempo, la sua ammirazione per la nuvoletta si trasformò in un amore inspiegabile, tenero e silenzioso. 

Ogni mattina, al sorgere del sole, il primo pensiero di Vanidduzza era sempre per lei. 

La cercava tra le nuvole alte, sperando che quel suo piccolo cumulo si facesse vedere. 

E quando finalmente la scorgeva, il cuore le si gonfiava di una gioia senza misura. 

Le altre pecore non capivano. “È solo una nuvola,” le dicevano. 
“Non puoi seguirla, lei appartiene al cielo, tu appartieni alla terra.” 

Ma Vanidduzza non ascoltava. Si accorgeva che c'era qualcosa in lei che le impediva di accontentarsi della realtà. 

Per Vanidduzza quella nuvoletta era l'idea stessa della libertà, del sogno, di tutto ciò che c’era oltre i confini del pascolo.

Un giorno, mentre il gregge si trovava a pascolare vicino a un villaggio, Vanidduzza si accorse che la sua amata nuvoletta stava scomparendo dietro una collina. 

Era un addio? 
O forse un richiamo? Non poteva restare ferma a guardare. 

Allora, con un balzo mai visto, scappò, attraversando i campi, saltando oltre i cespugli e le piccole staccionate che le si frapponevano.

Arrivò nel villaggio, dove una festa si stava svolgendo. 
C’erano risate, musiche, e nell’aria aleggiava l’odore zuccheroso delle mele caramellate. 

Ma ciò che colpì subito Vanidduzza furono i palloncini, tantissimi palloncini colorati che galleggiavano nel cielo come piccoli mondi sospesi. 

Erano tenuti dai fili sottili nelle mani dei bambini, ma sembravano spingere verso l'alto, desiderosi di liberarsi.

Vanidduzza non ci pensò due volte. 
Si avvicinò a un gruppetto di palloncini, e con i suoi piccoli zoccoli e i denti, si attaccò saldamente. 

Gli altri la guardavano increduli, ma Vanidduzza aveva un solo pensiero: raggiungere la sua nuvoletta, e per farlo sarebbe volata.

Uno, due, tre…decine di palloncini si sollevarono portando con sé la pecora innamorata.

Vanidduzza sentì un formicolio nelle zampe mentre, pian piano, i suoi zoccoletti lasciavano il contatto con la terra. 

Il cielo si faceva più vicino, e il villaggio, con le sue luci e i suoi suoni, si allontanava sotto di lei, diventando sempre più piccolo. 

Più saliva, più la nuvoletta sembrava avvicinarsi.

Il vento la carezzava dolcemente, e il cuore di Vanidduzza batteva forte. 

Era davvero così? 
Stava davvero per raggiungerla? 

Le montagne sfilavano sotto di lei, e i campi verdi si trasformavano in linee indistinte. 

La terra, che fino a quel momento era stata il suo unico orizzonte, era diventata solo un ricordo lontano. Ora c'era solo il cielo.

E finalmente, dopo quella che sembrò un'eternità, Vanidduzza fu abbastanza vicina da poter toccare la nuvoletta. 

Con un colpo di zoccoli, lasciò i palloncini e si aggrappò al soffice vapore bianco. 

La nuvoletta la accolse come se fosse sempre stata lì, come se sapesse che quel giorno sarebbe arrivato.

Per un attimo, tutto il mondo tacque. Vanidduzza e la sua nuvoletta si trovarono insieme, lassù, in quell’immenso mare celeste. 

Non importava quanto durasse quel momento. Per Vanidduzza, era la prova che l'amore – quello vero – non conosce confini, né leggi. 

Né la gravità, né la terra, né il vento potevano separarla dal suo sogno.

In quel cielo infinito, Vanidduzza capì che nulla era impossibile per chi amava con tutto il cuore. 

La nuvoletta l’aveva attesa, e lei, con il suo coraggio e la sua determinazione, aveva trovato il modo di raggiungerla.

Non scese mai più. Alcuni dicono di aver visto una pecora volare tra le nuvole in certe giornate di vento leggero, quando il cielo è limpido e il sole è alto. 

Ma nessuno è mai riuscito a raccontare con certezza se fosse davvero lei o solo un sogno.

Vanidduzza e la sua nuvoletta restarono lassù, libere.


(A. Battantier, Memorie di un amore, Memorie di un animale, Memorie di una fiaba, Mip Lab, 2024)

#MIPLab 
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