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Visualizzazione dei post da luglio, 2024

PRIMITIVA

La sera stava calando su un piccolo villaggio nascosto tra le grotte di una montagna.  Un anziano sedeva accanto al fuoco, circondato dai giovani.  Le fiamme riflettevano ombre, già pronte a raccontare storie antiche.  Con voce calma e profonda, l'anziano iniziò a parlare. "Molto tempo fa, i nostri antenati si spinsero oltre l'orizzonte, cercando nuovi mondi e nuove vite. Incontrarono popoli con usanze strane e lingue sconosciute. Ma ciò che scoprirono veramente fu comprendere ciò che avrebbero potuto essere". Uno dei ragazzi, si avvicinò. "E come hanno reagito, nonno? Erano spaventati?". L'anziano sorrise. "All'inizio sì, lo erano. Ma poi capirono che, per quanto diverse fossero le apparenze, sotto la superficie battevano cuori simili. Le differenze, che all'inizio sembravano incolmabili, si rivelarono sfumature di un unico grande disegno". Una ragazza chiese:  "Quale disegno?". Il vecchio rispose: "Le storie di questi p

IO SONO UN CREAZIONISTA

Il creazionismo è una credenza affascinante, quasi poetica: l'idea che l'Universo, la Terra e tutti gli organismi viventi siano il prodotto di atti specifici di creazione divina, come riportato nella Bibbia.  Un Dio onnipotente che con un colpo di bacchetta magica ha detto "Fiat lux" e luce fu.  Che con un po' di argilla e  sputacchiella ha modellato l'uomo e, sentendo il bisogno di varietà, ha tirato fuori una donna dalla sua costola.  Che ha popolato la Terra di creature di ogni sorta e ha pensato bene di darle una spolverata di stelle per rendere il tutto più accogliente. Per i creazionisti, Dio non è solo il grande artista dell'Universo, ma anche il CEO del progetto più ambizioso mai concepito.  Ogni specie, ogni montagna, ogni goccia d'acqua è frutto della Sua infinita saggezza.  Il creazionismo non è altro che la spiegazione definitiva, senza ombra di dubbio: perché affannarsi con teorie evolutive, fossili e DNA, quando possiamo comodamente legge

L'UOMO DI GHIACCIO O GUARDIE E LADRI? (Quando parte un amico, Memorie di un bambino)

Era un pomeriggio di luglio, il sole bruciava implacabile il cortile del vecchio condominio. L'aria era ferma, densa, una cappa opprimente che soffocava il respiro.  Un gruppetto di bambini si era radunato sotto l'unico albero del cortile, un noce mezzo morto, dalle foglie ingiallite e rattrappite.  Il loro rifugio, seppur malandato, una presenza familiare, quasi un compagno di giochi. Le risate dei bambini e i loro bisbigli riempivano il cortile, ma sotto quel vociare si percepiva una tensione strisciante, un’inquietudine che sfiorava i loro animi.  Nicolò, il più grande del gruppo, con i suoi undici anni appena compiuti, scrutava gli altri con una luce strana negli occhi.  Si notava che c’era qualcosa che gli altri non colsero, o forse non vollero cogliere. "Siamo tanti oggi," disse Nicolò, la sua voce calma ma con una nota impercettibile che faceva rabbrividire nonostante il caldo. "Cosa facciamo? Giochiamo a 'Guardie e Ladri' o a 'Uomo Ghiaccio

IL PALLONE

Tornavo spesso con la mente a quei giorni lontani, quando non avevo che dieci anni.  Il ricordo di mio nonno si faceva strada tra i pensieri, portando con sé una nostalgia dolce e malinconica.  Era un uomo d'altri tempi e sapeva fare magie con le sue mani. Era un artigiano nato, capace di riparare qualsiasi cosa gli capitasse tra le mani.  Niente era troppo rotto o inutile per lui.  Mia madre scuoteva spesso la testa di fronte alla sua ostinazione, ma io, io vedevo in lui un eroe.  Quanti pucci e giocattoli mi aveva salvato dal cimitero, ovvero la spazzatura con mamma becchina.  Ricordo ancora vividamente quella volta che il mio pallone preferito, il mio compagno di giochi innumerevoli, aveva perso la valvola.  Era diventato un oggetto inerte, senza vita, solo una sfera di gomma vuota. "Gettalo via," mi aveva detto mia madre con un tono definitivo. "Te ne comprerò uno nuovo". Ma il nonno, che ascoltava silenzioso dal suo angolo, si era avvicinato con quella calm

AMORE ED AMICIZIA: L'IMPORTANZA DELLA RECIPROCITÀ E DELLA PROGETTUALITÀ

Ho degli amici che hanno sempre bisogno di me.  Ogni volta che sono tristi o hanno un problema, io sono lì per ascoltarli e aiutarli.  Gli faccio i compiti, gli dò consigli, li conforto. Epperò, quando sono io ad avere bisogno, loro (alcuni) non ci sono mai.  Non rispondono ai messaggi, non ti ascoltano, sembrano sempre troppo occupati.  Dopo un po', uno comincia a sentirsi stanco e pure un po' arrabbiato. Questo è quello che succede quando si è sempre disponibili per gli altri senza ricevere nulla in cambio.  Va bene essere generosi e aiutare chi ha bisogno, ma è altrettanto importante riconoscere quando qualcuno si sta approfittando della nostra bontà.  Quando continuiamo a dare senza mai ricevere, rischiamo di esaurire le nostre energie e di sentirci svuotati. Arriva un momento in cui dobbiamo imparare a dire di no.  Non è facile, specialmente se siamo abituati a essere sempre presenti per gli altri.  Ma dire di no non significa essere egoisti, significa proteggere noi stess

E IN QUEL MOMENTO SCOPRIREMO CHE IL DOLORE, SIMILE A QUELLO DI MILIONI DI ALTRI ESSERI VIVENTI, SARÀ STATO TRASFORMATO IN UNA PROFONDA COMPRENSIONE E COMPASSIONE

Caro Millo, amico mio, sarebbe bello se la competizione non fosse con le altre persone.  Non possiamo misurare il nostro valore in base ai successi o fallimenti altrui, poiché ciò alimenta un orgoglio asfittico. Come si raccontava nei cartoni animati dei nostri tempi, il nostro avversario si stabilisce nelle cattive abitudini, nelle distrazioni incessanti, nelle insicurezze che ci bloccano e nella mancanza di allenamento alla disciplina. L'educazione gioca un ruolo cruciale.  Non si tratta solo di acquisire conoscenze, ma di imparare a collegare la mente al cuore.  Possiamo abbandonare quelle convinzioni di cui ci hanno farcito il cervello, quegli schemi di pensiero che ci impediscono di esplorare il nostro potenziale. Mi ero nascosto dietro l'illusione di essere in competizione con gli altri, Millo.  Ma la lotta è interna.  È una battaglia contro la paura e la stanchezza, contro l'inerzia che mi impedisce di agire.  Il tempo è breve, eppure c'è ancora qualcosa da fare.

LA SOCIETÀ MALATA, IL RESPIRO, LA CAMPAGNA (meglio se in un'isola)

Osservo una società malata, intrappolata nelle sue ossessioni di omologazione e conformismo. La società si nutre di apparenze e pro forma, costringendo l'individuo in un perpetuo stato di alienazione.  La maggioranza silenziosa assai, quella massa indistinta che accetta passivamente le norme imposte, è un monito costante della difficoltà di fuggire da questa gabbia dorata.  Non si riesce facilmente a fuggire da questo labirinto di convenzioni e aspettative, dove ogni tentativo di ribellione è rapidamente soffocato dalla forza dell'abitudine e del conformismo. Solo se necessario, il manganello. C'è chi sente il bisogno di andare via lontano, di cercare un altrove che prometta silenzio e quiete.  La campagna, con i suoi ritmi lenti e il suo respiro profondo, rappresenta una via di fuga, un ritorno alla vita semplice.  In questo scenario, si percepisce il nulla come uno spazio di rigenerazione, dove si può riscoprire se stesso lontano dalle pressioni dalla società e dai rappor

IL NAUFRAGO E LA BOA

Galleggiavo sul mare in un silenzio infinito.  Il cielo, un vasto deserto azzurro punteggiato da una nuvola scura che si allontanava lentamente, portata via dal vento.  Non avrei voluto essere lì, aggrappato alla boa, eppure lì c'era, al momento, la salvezza. La notte sarebbe arrivata presto, avvolgendo tutto in un manto di mistero.  Le ombre sotto l'acqua, così visibili alla luce del giorno, sarebbero scomparse, sostituite da nuove ombre, più minacciose, invisibili.  Il faro troppo lontano lanciava i suoi deboli segnali. Non avrei potuto raggiungerlo, ne ero certo.  Ma c'era una cordicella, una sottile linea di speranza, che mi teneva legato alla boa. Il vento portava con sé l'odore della salsedine, un richiamo primordiale che mi faceva sentire parte di qualcosa di più grande, l'amore e la morte abbracciati. Non era il mare a farmi paura, ma ciò che rappresentava: l'immensità dell'esistenza, il mistero dell'essere, il continuo flusso della vita.  Toccav

CLELIA (Coraggiosa e ribelle)

C'era una volta, tanto tempo fa, a Roma, una ragazza coraggiosa e ribelle, Clelia. Un giorno, i Romani si trovarono in difficoltà contro un re potente, Porsenna.  Per cercare di fare pace, i Romani decisero di inviare alcuni ostaggi a Porsenna, e tra questi c'era anche Clelia. Clelia, nonostante fosse molto giovane, aveva un cuore pieno di coraggio e un grande senso della giustizia.  Non poteva sopportare l'idea di essere prigioniera e, soprattutto, voleva salvare le altre ragazze romane che erano ostaggi come lei.  Una notte Clelia riuscì a sfuggire alla sorveglianza dei soldati e, con un gruppo di altre ragazze, si gettò nel fiume Tevere. Il Tevere era un fiume largo e con correnti forti, ma Clelia non si lasciò scoraggiare.  Nuotò con tutta la sua forza, guidando le altre ragazze verso la libertà.  Dopo una traversata faticosa e pericolosa, Clelia e le sue compagne riuscirono a raggiungere la riva romana del fiume.  La loro fuga fu un atto di straordinario coraggio e det

IL DEPRESSO (La depressione)

"Il depresso è un’anima instabile, luttuosa, morta.  Non ci vuole molto ad essere depressi.  Basta un po’ di luna storta, un vento che non è gradevole, una persona non sincera, qualche colpo di sfortuna.  Il depresso può avere anche un amico, un poveraccio incolpevole, che si dà un gran da fare per vederlo sorridere.  Ma il depresso no, non ride, e l’amico volenteroso finisce per morire sconfitto. Si comincia da bimbi ad essere depressi. Da grandi si diventa perfidi.  E intorno a lui muoiono persone che tentano di salvarlo e finalmente, dopo aver distrutto un intero mondo di eroi, il depresso rimane felice: è finalmente libero.  Il depresso ti annienta, ti uccide, ma finalmente ride". (Alda Merini) *** Alda Merini, con la sua capacità di esplorare l'animo umano (e la sua esperienza "sul campo") descrive il depresso come "un’anima instabile, luttuosa, morta."  Queste parole, pur essendo in parte iperboliche, toccano un aspetto cruciale della depressione

RICORDI CON PAPÀ: QUANDO GIOCAVO CON LE MACCHINETTE SULLE STRADE DELLA FANTASIA

Ricordo ancora quei pomeriggi d'estate, quando il sole era alto e il calore sembrava sciogliere ogni cosa.  Io e i miei fratelli aspettavamo che nostro padre finisse di lavorare.  Appena varcava la soglia di casa, con un sorriso che gli illuminava il viso, ci portava nel cortile.  Lì, armato di gessetti colorati, iniziava il nostro gioco preferito. Nostro padre tracciava linee, rotonde, frecce e attraversamenti pedonali su quel pavimento di cemento e piastrelle. Creava città in miniatura, strade intricate che attraversavano il nostro piccolo mondo.  Era un vero divertimento, passavamo le ore per le strade della nostra fantasia, rincorrendo il suono delle ruote delle nostre macchinine.  Ogni curva, ogni incrocio era una nuova avventura.  Seguivamo il codice della strada che papà ci spiegava con pazienza e, se sgaravamo, ci faceva la multa.  Ma quelle multe erano solo un pretesto per farci sorridere, per insegnarci senza mai farci sentire in colpa. La vera poliziotta, però, era nostr

CAICILIO E TERENTIANO (Ritornare in terra)

Avete presente quei momenti in cui si rispolverano testi antichi, sperando di trovare una qualche saggezza dimenticata?  Mi è venuto in mente Terentiano e probabilmente oggi avrebbe scrollato le spalle e avrebbe detto qualcosa tipo: "Non vale la pena di preoccuparsi troppo. I tempi cambiano e con essi le nostre preoccupazioni".  Gli antichi maestri avevano questa ossessione per l'elevatezza, il valore, la nobiltà d'animo morale, intellettuale, spirituale. E oggi che direbbero di noi moderni, siamo cambiati o forse non siamo davvero così diversi?  Magari abbiamo solo cambiato gli oggetti delle nostre ossessioni. Oggi, forse, parliamo meno di elevatezza e più di altre misure: successo, produttività, follower su Instagram e pollici in su. In fondo, non è sempre la stessa cosa? Un po' scherzo epperò ci si affanna tanto per inseguire questi ideali, per scalare queste montagne immaginarie, solo per scoprire che, una volta in cima, la vista non è poi così diversa da quel

ZOOSADISMO

Un ragazzino ha lanciato un gattino da un ponte a Lanusei nella provincia dell’Ogliastra, in Sardegna. Ha fatto un video con una sua compagnuccia di efferatezza criminale. Il maltrattamento degli animali è una forma di violenza deliberata nei confronti di esseri viventi senzienti con un cuore che batte.  Si tratta di un fenomeno grave e diffuso che colpisce milioni di animali ogni anno, domestici e selvatici. Lo zoosadismo (la crudeltà nei confronti degli animali), è considerato un indicatore molto importante di psicopatia.  La triade di Macdonald, una teoria sviluppata dallo psichiatra John MacDonald, identifica tre comportamenti presenti durante l'infanzia della maggior parte dei serial killer: Piromania, Enuresi notturna, Zoosadismo. La presenza di almeno due di questi comportamenti può essere un segnale di avvertimento di una personalità psicopatica.  I serial killer, infatti, sono spesso caratterizzati da una mancanza di empatia, da un desiderio di controllo e da un'insens

QUANDO GIACOMO LEOPARDI INCONTRÒ FRYDERYK CHOPIN

Era una sera di metà autunno, il sole ormai calato lasciava spazio a una notte tersa, appena illuminata da una luna pallida e distante. Le ombre degli alberi si allungavano nel giardino della Villa, una residenza che si ergeva solitaria su una collina ai margini di Napoli. All’interno, la luce calda dei candelabri disegnava cerchi di chiarore sulle pareti di un salotto decorato, dove si sarebbe svolta una serata di musica. Tra gli invitati, avvolto in una pesante sciarpa di lana per proteggersi dai rigori del clima, c’era Giacomo Leopardi. Il poeta, visibilmente indebolito dalla malattia che lentamente lo stava consumando, era stato persuaso dal suo amico Ranieri a partecipare a quella serata musicale. Leopardi, con la sua figura esile e il volto segnato, sembrava fuori posto in mezzo alla vivace compagnia, ma un barlume di curiosità lo aveva spinto ad accettare l’invito. Si diceva che quella sera avrebbe suonato un talento, uno che i salotti di Napoli si contendevano: Fryderyk C

IL DESTINO È UN COMPITO (l'importanza del presente)

Vivere per scelta significa assumersi la responsabilità della propria esistenza, riconoscere che ogni nostra azione, pensiero e sentimento è il risultato di una decisione consapevole o inconscia.  Margherita Hack diceva: il destino è un compito: non necessariamente una forza implacabile che ci sovrasta, ma un percorso che richiede il nostro impegno attivo e continuo, sudore, fatica.  Il destino è un compito che ci chiama a esprimerci, a mettere in gioco le nostre capacità, i nostri desideri profondi (non parlo di cazzate!). Provarci è un atto di coraggio quotidiano. Provarci significa sfidare le paure, le incertezze, le voci che ci dicono che non siamo abbastanza.  È un allenamento costante che rafforza la nostra determinazione. L'ostinazione alla fine paga: ogni passo, ogni tentativo fallito, ogni errore commesso non ci allontani ma ci avvicini alla nostra meta. Certo, serve una grande dose di motivazione interna, una forza che nasce da un dialogo profondo con noi stessi. Per como

DIO CHI È?

Dio chi è? Un pallone gonfiato narcisista, almeno nella tradizione millenaria religiosa.  Dio manda se stesso a mettere incinta una donna affinché possa nascere se stesso, pregare se stesso, uccidere se stesso per sacrificare se stesso a se stesso in modo da poter perdonare i peccati che ha creato lui stesso per salvarci dall'inferno creato da se stesso per salvarci da se stesso.  Ma che è sta pagliacciata?Un'assurdità, un'intrinseca contraddizione di un dogma religioso. Io capisco che l'essere umano abbia una tendenza innata a cercare significati e spiegazioni per ciò che non riesce a comprendere pienamente.  Epperò questa ricerca di significato spesso porta alla formazione di narrazioni mitiche e religiose che tentano di spiegare l'inesplicabile.  Quando queste narrazioni diventano contorte e contraddittorie, possono generare una dissonanza cognitiva.  La dissonanza cognitiva è uno stato di tensione interna che si verifica quando una persona detiene due o più cred

SO DI NON SAPERE: ELOGIO DELL'INCERTEZZA

Non è la certezza che ci spinge avanti, ma la curiosità nell'incertezza. L'incertezza è la legge fondamentale del nostro mondo) Nel nostro viaggio attraverso l'esistenza, una delle poche certezze a cui possiamo aggrapparci è l'espansione del mistero della comprensione del nostro universo.  Ogni risposta sembra generare nuove domande, come l'orizzonte che si allontana man mano che ci avviciniamo.  Il concetto di multiverso ha ampliato il nostro panorama mentale ma, al contempo, ha aumentato la nostra consapevolezza di non conoscere.  Il "so di non sapere" di Socrate risuona ancora oggi, nei laboratori ed osservatori della scienza moderna. Il mistero non si è dissolto; al contrario, si è ramificato, arricchendo la trama della nostra ignoranza.  L'esistenza è un gioco di specchi tra ciò che crediamo di sapere e l'infinita espansione del non conosciuto. Stephen Hawking ci ha portato più vicino alla comprensione dei buchi neri e dell'origine del tem

MEMORIE DI UNA CANZONE: PERCHÉ AMO I PLACEBO

Si può provare a scegliere la vita, mettersi alle spalle l'oscurità e andare incontro alla luce.  Non si può togliere il buio perché è lì, c'è, e bisogna farci i conti; è una parte di noi stessi, ma è meglio scegliere di andare in avanti, verso la luce del sole.  Lo dice Brian, il cantante del mio gruppo preferito.  Mi chiamo Giulia, ho 16 anni e la mia vita è confusa in un bagno affogato di speranza e disperazione. Mi sembra di non essere capita davvero da nessuno, neanche da me stessa. La musica per me è un rifugio. "The Bitter End" parla di una fine amara, un amore finito,  promesse non mantenute.  Siccome ci stavo passando (o meglio un treno mi stava passando sopra) mi ha fatto riflettere su quanto è fragile l'amore, vallo a trovare un equilibrio se ci riesci (forse i miei nonni!).  Nella mia testa, l'amore doveva essere eterno, una favola vissero felici e contenti, ma spesso noi la realtà la preferiamo ignorare.  Alcune persone hanno il passato che le per

DEDICATO AI FIGLI (Utopia)

C'è l'esistenza materiale, quella che ti inghiotte in un vortice incessante di desideri e ambizioni superficiali.  È c'è dentro come una fiammella, quel nucleo schiacciato sotto il peso delle nostre stesse creazioni artefatte guidate da altri che non vogliono il nostro bene.  Dentro, nel profondo di ognuno di noi, c’è un richiamo alla coscienza e quando parliamo di utopia, ci riferiamo a un luogo ideale che sembra irraggiungibile, e chi aspira a questo è spesso considerato inguaribile ottimista, o un coglione.  Epperò, l'utopia non è un luogo fisico, ma uno stato d'essere, una condizione mentale che aspira a un'esistenza diversa. Viviamo in un inguardabile mondo, afflitto da conflitti, ingiustizie e una crisi ecologica senza precedenti.  All'alba mi prende a pensare che il cambiamento non è solo una speranza vana; è una necessità impellente che non possiamo permetterci di lasciare andare.  I nostri figli ci guardano, e se hanno smesso di farlo è anche perché

QUEI BIGLIETTI DI PAPÀ

Mettendo a posto tra le cose sue ho trovato un foglietto. Mio padre, a causa di una vita molto turbolenta ma, ancor prima, a causa di due genitori pessimi che lo resero duro ed apparentemente insensibile, era un tipo difficile.  Si arrabbiava per un nonnulla, gridava come un pazzo, talvolta usava violenza fisica (non contro di noi) ma arrivava a distruggere porte e sedie, tavoli, piatti, come uno scalmanato senza più controllo.  Epperò, negli ultimi 5 anni, quando già aveva fatto irruzione una malattia cattiva, notai un suo piccolo cambiamento.  Inizialmente pensavo fosse legato alla malattia.  E forse lo era, la malattia aveva permesso una riflessione sul senso della vita, come se avesse voluto almeno provarci a cambiare.  Aveva iniziato a frequentare, grazie ad un amico, quella che lui chiamava, scherzando, una setta; in realtà si incontravano una volta ogni mese al parco della Caffarella per parlare di filosofia spicciola e controllo delle emozioni.  Mio padre aveva preso ad attacca

AVEVANO UN APPUNTAMENTO

Giacomo si svegliò con il sole già alto, la luce filtrava tra le persiane accostate. Si passò una mano sul volto, tentando di scacciare la confusione che l'aveva seguito nel sonno. Aveva un appuntamento e si vestì lentamente, a rimarcare la precarietà dell'esistenza che sentiva gravare su di lui. Tutto gli sembrava un groviglio inestricabile.  Marta invece si trovava già da un pezzo al baretto del parco. Non prese ancora nulla, nell'attesa di lui. Lei si era rinforzata nel tempo con la fragilità dell'esperienza, aveva cercato di trovare un senso a quella sensazione di inconsistenza del mondo.  Quella sensazione di inconsistenza nel mondo permise comunque a Giacomo di prendersi un caffè prima di uscire.  Fuori, il mondo sembrava andare avanti senza di lui, il cambiamento è con noi o senza di noi, rifletté, pagando le sigarette. Marta guardava intanto l'orologio e pensava che stava a lei provarci, in un modo o nell'altro.  La libertà, l'illusione di essa, si m