Era una sera di metà autunno, il sole ormai calato lasciava spazio a una notte tersa, appena illuminata da una luna pallida e distante.
Le ombre degli alberi si allungavano nel giardino della Villa, una residenza che si ergeva solitaria su una collina ai margini di Napoli.
All’interno, la luce calda dei candelabri disegnava cerchi di chiarore sulle pareti di un salotto decorato, dove si sarebbe svolta una serata di musica.
Tra gli invitati, avvolto in una pesante sciarpa di lana per proteggersi dai rigori del clima, c’era Giacomo Leopardi.
Il poeta, visibilmente indebolito dalla malattia che lentamente lo stava consumando, era stato persuaso dal suo amico Ranieri a partecipare a quella serata musicale.
Leopardi, con la sua figura esile e il volto segnato, sembrava fuori posto in mezzo alla vivace compagnia, ma un barlume di curiosità lo aveva spinto ad accettare l’invito.
Si diceva che quella sera avrebbe suonato un talento, uno che i salotti di Napoli si contendevano: Fryderyk Chopin.
Quando Leopardi entrò nel salotto, un mormorio di saluti e sguardi furtivi lo accolse.
Con l'aria assorta e malinconica salutò brevemente gli ospiti, poi si accomodò in un angolo, lontano dalla folla.
Osservava silenzioso l’ambiente, gli occhi che scrutavano ogni dettaglio con la profondità di chi ha conosciuto più ombre che luci.
Poco dopo, un leggero brusio di attesa annunciò l’ingresso di Chopin.
Il pianista prese posto davanti al pianoforte, e con un lieve cenno del capo iniziò a suonare.
Le prime note fluirono dolcemente, riempiendo la stanza con una melodia struggente e avvolgente. Era il Notturno in Mi bemolle maggiore.
Leopardi chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare dalla musica.
Ogni nota sembrava risvegliare in lui ricordi e sensazioni, come se quelle melodie potessero parlare direttamente alla sua anima.
La tristezza della sua esistenza trovava eco in quelle armonie e, allo stesso tempo una sorta di dolce consolazione.
Sentiva che quella musica svelava l’essenza stessa della condizione umana.
Le dita di Chopin danzavano sui tasti, il poeta si ritrovava a ripensare alla sua vita, ai sogni infranti, alle speranze deluse.
Ora la musica diventava rifugio, ogni frase musicale era un dialogo muto tra le anime sensibili, un incontro di solitudini che si riconoscevano.
Il Notturno proseguiva, alternando momenti di dolcezza a passaggi di profonda malinconia.
Leopardi, senza accorgersene, aveva iniziato a seguire il ritmo della musica con un lieve movimento della testa, il viso solcato da un’emozione intensa.
Per un breve istante, le barriere della sua malattia e della sua sofferenza si erano dissolte, lasciando spazio a una comunione pura con quell'altra arte.
Quando l’ultimo accordo si spense, un silenzio profondo calò sulla sala.
Gli ospiti, immobili e assorti, tardarono qualche istante, prima di esplodere in un fragoroso applauso.
Leopardi, con gli occhi umidi di commozione, si unì al plauso, ma il suo era un applauso silenzioso, interiore, dedicato all’artista, alla bellezza che aveva appena vissuto.
Quella notte, tornando verso la sua dimora, Leopardi sentiva di aver vissuto un momento unico, un attimo di grazia che la vita gli aveva concesso.
La bellezza in quell’istante fugace, in quella melodia che aveva saputo parlare al cuore senza bisogno di parole.
Si addormentò, il volto disteso, quella musica aveva placato per un momento le sue inquietudini più profonde.
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Giacomo Leopardi e
Fryderyk Chopin vissero nello stesso periodo storico e, sebbene i loro percorsi non si siano mai incrociati realmente, un incontro ipotetico tra i due sarebbe stato teoricamente possibile. Leopardi nacque nel 1798 e morì nel 1837, Chopin nacque nel 1810 e morì nel 1849.
Leopardi avrebbe potuto ascoltare Chopin suonare?
Ho immaginato Napoli nel 1836.
Giacomo Leopardi si trasferì a Napoli nel 1833 e vi rimase fino alla sua morte nel 1837.
Durante questo periodo, Leopardi frequentava i salotti intellettuali e le case degli amici.
Chissà, se Chopin avesse intrapreso un viaggio in Italia, come molti artisti e intellettuali dell'epoca, sarebbe potuto capitare a Napoli.
La città, crocevia culturale del Sud Italia, avrebbe potuto ospitare un evento musicale in una residenza nobiliare o un salotto intellettuale frequentato da Leopardi.
Chopin, invitato come ospite d'onore durante uno dei suoi tour europei, avrebbe potuto esibirsi davanti a un pubblico selezionato.
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Fryderyk Chopin e Giacomo Leopardi condividono una visione del mondo ed una sensibilità artistica. Io li ho sempre amato entrambi (dalle scuole elementari) e so perché.
Entrambi esprimono una profonda malinconia nelle loro opere, permeate da un senso di sofferenza e fragilità umana.
Chopin nelle sue composizioni lascia trasparire un’intensa espressività emotiva, spesso malinconica e struggente, un senso di nostalgia, dolore e una delicata tristezza.
Leopardi nelle sue opere (poesie, "Zibaldone", "Le Operette Morali") esprime un pessimismo derivante dalla constatazione della sofferenza e dell’infelicità intrinseche alla condizione umana. Leopardi percepiva la vita come un’esistenza priva di scopo, dominata dall’infelicità e dall’illusione.
Per entrambi, la bellezza artistica rappresenta un mezzo per trascendere il dolore e la sofferenza, anche se solo fugacemente.
La musica di Chopin non solo esprime malinconia, ma anche una bellezza sublime che offre un temporaneo sollievo e consolazione.
La raffinatezza e l’eleganza delle sue melodie possono essere viste come un tentativo di trovare un ordine e una bellezza in un mondo spesso percepito come doloroso e caotico.
La poesia di Leopardi è una celebrazione della bellezza naturale e artistica, vista come un rifugio dalle amarezze della vita.
Sebbene consapevole dell’effimero di tali consolazioni, Leopardi trovava nella contemplazione del bello un momento di sollievo dal pessimismo esistenziale.
E poi c'è la natura, che gioca un ruolo importante nell’opera di entrambi, ma viene percepita con un misto di ammirazione e consapevolezza della sua indifferenza verso l’umanità.
Alcune composizioni di Chopin sono ispirate dalla natura, come nei suoi preludi e mazurche che evocano paesaggi e atmosfere naturali.
La sua musica riflette un legame profondo con il mondo naturale, visto come fonte di ispirazione e specchio delle emozioni.
In Leopardi la natura è un tema ricorrente, vista spesso come indifferente o ostile all’uomo.
Ne "L’infinito", ad esempio, la natura è contemplata con un misto di meraviglia e angoscia, rappresentando l’immensità e l’indifferenza dell’universo rispetto alla piccolezza umana.
Entrambi hanno vissuto vite segnate da problemi di salute che hanno influenzato profondamente le loro opere e la loro visione del mondo.
Chopin fu malato di tubercolosi per gran parte della sua vita, trovò nella musica un modo per esprimere le sue sofferenze fisiche ed emotive.
La sua fragilità fisica è spesso riflessa nella delicatezza e nell’intensità della sua musica.
Leopardi fu afflitto da vari problemi di salute fin dall’infanzia, ha sofferto di dolori fisici e disabilità che lo hanno isolato e lo hanno portato a riflettere profondamente sulla sofferenza umana.
La sua malattia ha acuito la sua visione pessimistica del mondo e la sua sensibilità artistica.
L’opera di entrambi è profondamente autobiografica, riflettendo le loro esperienze personali e le loro emozioni più intime.
Molte composizioni di Chopin riflettono le sue esperienze di vita, i suoi amori, le sue sofferenze e il suo esilio dalla Polonia.
La sua musica è una finestra aperta sulla sua anima e sulle sue vicissitudini personali.
La poesia e la filosofia leopardiana sono intimamente legate alla sua vita personale e alle sue riflessioni esistenziali.
Leopardi scriveva a partire dalle sue esperienze di isolamento, sofferenza e ricerca di significato.
Sarebbe stato bello incontrarli entrambi, immaginate se si fossero incontrati.
(A. Battantier, Mip Lab, 2024, Memorie di un'adolescente, Terry Bah, 14 anni)
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