L'attesa dell'alba, un uccello che non smette di cantare. Ora silenzio, il vento sfiora le persiane, mille schegge io raccolgo, reliquie di un dio caduto, il tuo viso sul vetro del mattino, ma non riconosco il riflesso. L’onda si frange sulla riva, il mare rimane.
Quel che resta finisce in cielo, sai? Si scuce, l'anima si svuota.
Ti rincorre la perdita e la morte è un buio che illumina, ti osserva senza volto dai bordi della stanza, e intanto restano i ricordi.
Quel che resta è un peso, il dolore vero è un segreto, restano gli sguardi, i silenzi, le mani che hai stretto e quelle volte stupide che hai lasciato andare, quel bagno non fatto al mare.
Ho ritrovato un foglio bianco strappato a metà. Quel che resta è un margine, una parola, un’ombra.
Il dolore è il maestro che non vorresti mai aver scelto, alla lavagna c'era scritto "la fine è solo un’idea.", e se non c’è ciclo e non c’è inizio, non c’è fine. C’è solo l’attimo in cui respiri, in cui vivi, e lasci che tutto fluisca come deve e dentro di te non c’è nulla da perdere.
Ma queste son parole. Il dolore è un bastardo educato, non fa rumore quando entra, si accomoda e rimane, insegnandoti cose che non volevi sapere. Ma chi le voleva sapere?
"La fine è solo un'idea." Sì, certo, e l'idea non consola.
Respiri, vivi, lasci che tutto fluisca, ma è solo un modo elegante per lasciarti andare.
Rovine e macerie, il vuoto fa rumore e poi lento il dolore arriva come nebbia che trasforma la vita in una lunga attesa.
Non c’è ciclo, non c’è inizio, non c’è fine, è vero. Solo questo presente immobile, senza promesse, in cui il respiro sembra l’unico gesto rimasto.
Lasciar fluire è solo un modo per accettare che nulla ci appartiene, che siamo custodi temporanei di tutto, persino di noi stessi.
Ci si racconta che non c’è nulla da perdere dentro di noi, è un’illusione. Si perde sempre qualcosa, anche quando pensiamo di essere vuoti. Perché il vuoto è la forma più crudele di possesso.
(A. Battantier, Memorie di un amore, 1/25)
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