Si sentiva in trappola ma c'era una quieta rassegnazione nei suoi occhi.
Erano arrivati al villaggio turistico e già lui sentiva un senso di disagio, doveva dire sì perché altre volte lei aveva detto sì. Ora toccava a lui.
La serata era iniziata con una cena nel ristorante affollato del resort, un tavolo vicino alla finestra da cui si scorgeva il mare.
Lei era radiosa, non vedeva l’ora di scatenarsi sulla pista da ballo, circondata dalla musica e dalle risate delle amiche: era un anno che aspettavano questo momento.
Quando raggiunsero la discoteca all’aperto, una calca di corpi già ondeggiava sotto le luci intermittenti.
Lei si immerse subito in quell’energia, mentre lui restava ai margini, le mani in tasca, il viso tirato in un’espressione di chi sopporta, di chi si piega e, se proprio serve, si spezza.
Le aveva promesso di accompagnarla, manteneva le promesse, ma sapeva che doveva stare attento, troppi passi falsi con la coscienza potevano costargli un pezzo di sé.
Lei ballava, si muoveva con grazia e leggerezza, come se quel momento fosse l’unica cosa importante, come se nulla al di fuori di quella pista esistesse.
Lui si sentiva sempre più lontano, spettatore di una scena a cui non riusciva a prendere parte.
Il suo sguardo vagava, cercando una via di fuga, finché decise di lasciarla lì, tra le sue amiche e quella felicità alla quale acconsentiva pur non comprendendola.
Si incamminò verso la scogliera, dove il rumore del mare riusciva a coprire, non del tutto, la musica che ancora risuonava nell'aria.
La luna splendeva, riflettendosi sull’acqua in un luccichio ipnotico.
Sentiva il bisogno di un momento che fosse solo suo, lontano da ciò che lo opprimeva.
Senza pensarci troppo, si spogliò, lasciando i vestiti sulla roccia, e si tuffò nell’acqua.
Il fresco intenso lo punse, lo avvolse, ma era ciò di cui aveva bisogno: un taglio netto, una separazione momentanea dal mondo.
Nuotò fino all'ultima boa, lontano dalla riva e dalle voci.
Ogni bracciata lo liberava un po’ di più, fino a quando si sentì completamente immerso nel silenzio, la solitudine lo pervadeva.
Rimase lì, a galleggiare, il corpo sospeso tra il cielo e il mare, lasciando che l’acqua lo sostenesse.
Respirò a fondo, riempiendo i polmoni di quell’aria salmastra, e si sentì in pace. Poi iniziò ad ululare fortissimo, un liberato uuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu dall'anima se ne uscì alla placida luna.
Quando tornò a riva, il villaggio era ancora sveglio, ma il richiamo della discoteca sembrava meno forte, come se la distanza avesse smorzato anche il suono.
Si rivestì in fretta, i capelli ancora bagnati, la pelle che brillava sotto la luce della luna.
Tornò sui suoi passi, rientrando nel vortice di luci e suoni.
Lei lo vide subito, lo sguardo acceso, gli occhi che brillavano di una gioia semplice e spontanea.
Lo raggiunse, prendendolo per mano. "Ti sei divertito?" gli chiese, con un sorriso che non nascondeva nulla, come se davvero non avesse dubbi sulla risposta.
Lui annuì, e non c'era bugia in quel gesto.
Si erano entrambi trovati, ciascuno a modo suo, un angolo di felicità in quella serata.
Mentre uscivano dalla discoteca, lei lo baciò, un bacio lungo, profondo, di quelli che lasciano il segno. "Ma sei tutto sudato, accidenti quanto hai ballato!" esclamò ridendo, stringendosi a lui.
Lui sorrise, uno di quei sorrisi che nascono senza preavviso, spontanei come un sospiro.
Non era sudore, sapeva bene cosa fosse. Era il sale del mare, una fuga breve, un bagno che l’aveva riportato alla calma. Ma non lo disse.
Non importava.
Quel compromesso tacito che alternava il desiderio all'inevitabile rinuncia, l’unico modo per rimanere insieme.
In quel sorriso, in quel silenzio complice, entrambi trovarono un punto di contatto, un piccolo spazio comune in cui l’amore, maledettamente disincantato e imperfetto, poteva ancora respirare.
(A. Battantier, Memorie di un amore, Art by Stephen Stadif)
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