Ti racconterò una storia. Quel giorno, quando sono uscita sotto la pioggia, l'ho fatto con la certezza che ti avrei dimostrato una banalità: che l'acqua non morde, non ti rincorre per farti del male. Solo che la vita, vedi, se ne frega di quello che crediamo.
La pioggia era appena iniziata, gocce leggere, ed io pensavo: "Ecco, vedrà che non c'è niente da temere".
Ma la natura è una vecchia bastarda, sai? Non rispetta i patti.
Così, all'improvviso, ha cominciato a grandinare. E mica grandine sottile. No, quella era grandine che ti spacca la pelle, che ti martella il cranio e ti fa venire voglia di scappare come un codardo.
E mentre cercavo di restare lì, con l'ombrello che non serviva a nulla se non a farmi sembrare un'idiota, mi sono inzuppata fino all'osso.
Tu stavi lì, sulla porta di casa, con gli occhioni spalancati e la bocca aperta in un silenzio accusatorio.
Quando finalmente ho deciso di arrendermi e rientrare, eri lì a dirmi:
"Lo vedi che fuori è pericoloso?"
Piccola mia, hai ragione.
Fuori è pericoloso ma non possiamo passarci la vita a evitare la pioggia, perché tanto a volte la grandine arriva anche dentro casa.
L'unica cosa che possiamo fare è uscire e affrontarla, anche se sappiamo che farà male, anche se torneremo dentro con le ossa rotte.
Quindi sì, avevi ragione.
Ma questo non significa che dobbiamo vivere dietro una porta.
La paura è una compagnia costante, ci cammina accanto ogni giorno, che sia pioggia o sole.
Ma il mondo non si ferma per aspettare che la paura passi.
Tu devi imparare a camminarci insieme, a lasciarla essere, e nonostante tutto, uscire lo stesso.
Forse un giorno capirai, o forse no. Ma sappi che non è l'acqua a farci male. È la nostra capoccia. E quella, tesoro, è la battaglia più dura di tutte.
(A. Battantier, Memorie di una bambina Memorie di un amore, 2010)
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