Io, fin da piccolo, ho sempre fatto il tifo per il toro. Tifavo per il toro perché lo vedevo solo, con gli occhi spalancati dalla paura, con la carne bucata dagli arpioni, sudato, tradito.
Tifavo per lui perché non c’era nessuno a dirgli che andava tutto bene, che sarebbe finita presto, che il dolore era solo una parentesi e non l’intera pagina della sua vita.
Tifavo per lui perché sapevo che lui non capiva.
E non capire il motivo per cui stai morendo è una tragedia come tutti gli animali che vanno a morire ammazzati al macello.
Poi una volta ho visto una vignetta di Mordillo.
Un toro che carica, un torero che gioca a fare Dio con il rosso e con la lama.
Ma qualcosa andava storto.
Il toro avanzava, il torero avanzava, il toro abbassava la testa e il torero alzava la spada.
Un istante, uno solo, e poi la scena finale: una lapide con sopra il nome del torero. Il toro aveva vinto.
La libertà non è una questione di vincere o perdere, di chi cade e di chi resta in piedi.
La libertà è non stare in quel gioco.
Il toro ha vinto, certo, ma era comunque costretto a combattere e poi a morire lo stesso.
Il vero orrore non è solo la morte del torero, non è neanche la carne del toro lacerata.
Il vero orrore è il pubblico.
Gli occhi che guardano, che applaudono, che si accendono di eccitazione quando il sangue schizza.
Il vero orrore è che questa storia si ripeterà, che un altro toro verrà spinto nell’arena, che un altro uomo metterà il costume e penserà di essere un eroe per il solo fatto di uccidere qualcosa che non voleva essere lì.
È una società profondamente malata.
Che civiltà è questa in cui la vittoria di un toro ci sembra una sorpresa?
Che specie siamo, se l’unico modo per gli animali di avere una rivincita è ucciderci?
Il problema è l’idea che l’uomo sia qualcosa di separato dal resto della vita, che il suo dolore conti più di quello di un vitello sgozzato in un mattatoio, di un cane bruciato in un laboratorio, di un toro infilzato in un’arena.
E allora io mi chiedo: e se il toro vincesse sempre?
Se non ci fosse più arena, più pubblico, più toreri?
Se non ci fossero più gerarchie di valore, più differenze imposte dalla cultura, più distanze tra chi respira e chi soffre?
Forse non avremmo più bisogno di fare il tifo.
Perché nessuno sarebbe più costretto a morire per il divertimento di qualcun altro.
(A. Battantier, Memorie di un amore, Memorie di un animale, Memorie di un bambino, Mip Lab, 1/25)
#memoriediunamore
#memoriediunanimale
#memoriediunbambino
#MIPLab