Sembra che uomini e donne esprimano le emozioni in modo diverso, ma è solo il risultato di un’educazione sentimentale assai squilibrata.
Le donne, ad esempio, sono socializzate alla paura fin da bambine: imparano a captare segnali di pericolo, a evitare situazioni ambigue, a convivere con l’ansia di non sbagliare strada, tono, compagnia.
Non perché siano più paurose, ma perché hanno il permesso –anzi, il dovere– di riconoscerla.
E poi, diciamocelo, il coraggio non è forse proprio la capacità di affrontare la paura?
Gli uomini, al contrario, vengono addestrati alla grande rimozione emotiva.
Lacrime?
Roba da femminucce.
Paura?
Non pervenuta. Vulnerabilità?
Un difetto da correggere.
Devono essere forti, controllati, razionali.
Da piccoli, un ginocchio sbucciato è una ferita di guerra, da grandi la fragilità un peccato capitale.
Peccato che la paura, il dolore e l’abbandono esistano comunque, e che fingere di non vederli non li faccia sparire.
Le donne, almeno, hanno un lessico emotivo più ricco. Sanno raccontarsi, sostenersi, abbracciarsi virtualmente con quei cuoricini digitali che fanno tanto "sorellanza".
Non perché siano più deboli, ma perché hanno capito che insieme si sopravvive meglio.
Forse, un giorno, uomini e donne esprimeranno le proprie emozioni con la stessa libertà.
Nel frattempo, viva la curiosità: è l’arma migliore per smantellare vecchi copioni e scriverne di nuovi.
(A. Battantier, Memorie di un amore, Memorie di un bambino, Mip Lab, 2/25, Silvana Tabarroni)
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