La paura è necessaria, senza di essa non sapremmo riconoscere il pericolo.
Ma il problema è quando si trasforma in un tiranno che ci sbarra la strada.
È un’ombra che ci segue, a volte si allunga, altre si accorcia, ma non scompare mai.
Perché è parte della vita, come il vento che scuote gli alberi e il mare che inghiotte le barche.
Eppure, c’è chi vive solo per sfuggirla, chi misura i passi per non farla risvegliare.
Ma non è nel controllo che si trova la libertà.
È nel lasciarsi attraversare senza smarrirsi.
Il coraggio non è muscoli tesi né denti serrati.
È sapersi fragili e avanzare comunque.
O meglio, è non avanzare per forza, ma restare lì, fermi, e sentire il battito del proprio cuore senza voltare la testa.
È imparare a guardare negli occhi la paura e scoprire che, spesso, non è poi così feroce.
Sì, perché molte paure nascono nella mente, crescono nel dubbio e si nutrono del silenzio.
Ma il coraggio è anche sapere che la paura è solo una storia che ci raccontiamo.
E allora, perché non cambiarla?
Perché non scriverne un’altra, in cui il protagonista non è il terrore, ma la curiosità?
Perché l’uomo si aggrappa all’illusione di sicurezza, come un bambino stringe il suo giocattolo rotto.
Ma la vita non è fatta per essere trattenuta.
È un fiume che scorre, con le sue rapide e le sue acque calme.
La domanda non è come superare la paura, ma se siamo disposti a guardarla senza più cercare di sfuggirle.
(A. Battantier, La paura, il coraggio, Mip Lab, 2/25)
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