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L’ATTUALE STATO DELLA SCUOLA ITALIANA (L’importanza della scuola pubblica, la formazione degli insegnanti e la missione di educare alla libertà)

Il sistema scolastico italiano è afflitto da un malessere profondo. I giovani italiani, oggi, sono tra i peggiori in Europa per comprensione del testo e per matematica, secondo i dati dell’Ocse. Eppure, la scuola pubblica, quella che il popolo italiano ha conquistato con tanto dolore e speranza, è un luogo che può ancora, forse, riscoprire la sua missione. La missione di educare alla libertà.
Libertà, la possibilità di scegliere, di pensare, di essere coscienti del mondo che ci circonda. Ed è proprio questa coscienza che la scuola italiana sta smarrendo, mentre la Finlandia sembra essere, al contrario, un modello di ciò che si potrebbe fare.
La Finlandia ha costruito il suo sistema educativo attorno a un concetto che, almeno teoricamente, ha poco a che fare con l’idea di competizione o di classi sociali. Lì, la scuola pubblica è il centro nevralgico della società. La sua universalità è una condizione essenziale: l’educazione di qualità è accessibile a tutti, e non è un privilegio riservato a pochi.
La struttura delle classi, poi, è un altro elemento di fondamentale importanza. In Finlandia, il sistema non si basa sulla segmentazione rigida dell’apprendimento.
Non esistono i livelli imposti da una gerarchia fissa; gli studenti non sono etichettati in base alle loro performance, ma vengono spostati da un gruppo all’altro in base ai loro bisogni educativi.
È un approccio che riconosce l’individualità dell’apprendente, la sua storia, le sue necessità.
Tuttavia, se dovessimo fare un parallelo tra Italia e Finlandia, il punto centrale è uno: la formazione degli insegnanti. In Finlandia, diventare insegnante non è un semplice lavoro, ma una professione altamente qualificata e rispettata.
Gli insegnanti devono affrontare selezioni difficilissime per poter entrare nel sistema, ma una volta dentro, sono trattati con il massimo rispetto.
Questo è ciò che manca in Italia. La figura dell’insegnante, troppo spesso svilita e ridotta a mero esecutore di una didattica standardizzata, è fondamentale per la qualità dell'istruzione. In Italia, invece, non solo gli insegnanti sono sottovalutati, ma la loro formazione continua a essere secondaria rispetto ad altri ambiti professionali.
Eppure, dovremmo riflettere su quanto le nostre scuole possano migliorare se valorizzassimo chi le anima, se restituissimo a ciascun docente non solo la dignità professionale, ma anche la possibilità di esercitare un ruolo di pensiero critico e di guida.
In Italia c’è una distanza enorme tra la scuola come dovrebbe essere e la scuola come è, e questa frattura non riguarda solo gli insegnanti. Essa coinvolge un'intera società, che non sa più dove guardare per trovare un orientamento etico, culturale, civile.
È come se la scuola fosse diventata il luogo in cui l'ideologia dominante si incarna e, purtroppo, lo fa con una forza tale da spazzare via ogni forma di critica. La scuola italiana, così com’è strutturata oggi, non promuove la riflessione, ma l’adattamento a una società che premia la mediocrità.
Non è un caso che i laureati italiani siano in media meno preparati di un diplomato finlandese. La formazione che offriamo è inadeguata a rispondere alle sfide contemporanee. La scuola diventa un luogo di riproduzione sociale più che di formazione autentica.
Eppure, non possiamo nemmeno accettare il fatalismo. La scuola pubblica ha un potenziale straordinario se saprà liberarsi dalle catene del conformismo e della visione utilitaristica della conoscenza.
In Italia, i problemi strutturali sono enormi: la scarsità di risorse, la distribuzione diseguale della qualità dell'istruzione, il sovraffollamento delle classi.
Ma questi problemi, pur gravi, sono superabili. La scuola pubblica è un diritto da difendere, una possibilità di cambiamento.
La sua funzione non è solo quella di preparare i giovani a entrare nel mondo del lavoro, ma di formare cittadini consapevoli, capaci di pensare criticamente.
Se la scuola pubblica dovesse ritrovare la sua funzione di strumento di emancipazione, potrebbe svolgere un ruolo di trasformazione radicale della società italiana.
La scuola pubblica è una risorsa che va difesa, non solo dai tagli e dalle riforme palliative, ma da una concezione che la vede come mera funzione di addestramento.
La scuola è il luogo in cui si dovrebbe imparare a leggere il mondo, non solo i libri.
In Italia, invece, si tende sempre più a fare della scuola un luogo di conformismo, dove l’immaginazione e la creatività vengono soffocate dalle logiche di mercato.
La Finlandia è forse un esempio da seguire, ma l’Italia ha una storia, una cultura, una realtà sociale che non si possono copiare passivamente. Non si tratta di imitare, ma di comprendere e, magari, adattare.
La scuola pubblica deve essere l’arma contro l’omologazione, non il suo strumento. Come ogni lotta per la libertà, questa battaglia non sarà mai facile.
La scuola pubblica, se riformata correttamente, può essere la base per una società più giusta e consapevole.
Ma per farlo, dobbiamo cambiare la nostra visione di cosa sia veramente l’educazione.
Non solo un mezzo per preparare i giovani a un futuro economico. È un luogo dove si formano le menti, le coscienze, le anime.
La scuola pubblica non è solo un diritto, è un’opportunità.
E dobbiamo fare in modo che questa opportunità non venga mai meno.
(A. Battantier, Memorie di un bambino, Memorie di un adolescente, Mip Lab, 12/2024, VB, TB, A, MS, GM, A)
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