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E ALLO SCOCCARE DELLA MEZZANOTTE INCONTRAI CLAUDE MONET

E allo scoccare della mezzanotte del 01/01/2025, pensò a tutto quello che non era diventata. "Un’ora esatta per la mia resurrezione," si disse, fissando il riflesso del suo viso sul fondo del bicchiere. 

Occhiaie come promemoria, labbra serrate come dighe. Sul tavolo accanto, una pila di libri impolverati che non aveva mai finito, un pacchetto di sigarette e un'agenda aperta su una pagina vuota, schizzi, disegni.  

Il suo problema, pensò, era l’ostinazione. Non si adeguava, certo. Ma che cos’era, alla fine, l’ostinazione, se non un modo elegante per chiamare la disperazione? Una voce dentro rispose che no, era speranza. "Vaffanculo alla speranza," mormorò, bevendo un altro sorso di vino.  

Era sempre stata brava a illudersi che ogni anno nuovo fosse una sorta di confine. Eppure, il 2024 si era già sdraiato comodo sul divano del suo cervello, con le gambe allungate sul tappeto delle sue ansie. 

"Brinderò a ciò che è stato," scriveva sul telefono, cercando di convincere se stessa che ci fosse stato qualcosa di buono da celebrare. Ma ogni volta che guardava indietro, vedeva solo mani che spingevano, che graffiavano, che rubavano pezzi di lei.  

Una donna che sapeva dire addio ma non come restare. Guardava nelle vetrine la sua immagine tragicomica, quel suo camminare per strada con le spalle dritte e la faccia storta, come chi finge di aver dimenticato il passato ma lo trascina dietro come un cane zoppo.  

"Lascerò nel 2024 chi ha cercato di farmi cadere." Questo si ripeteva, ma chi era davvero da lasciare? 
Gli altri, certo, ma anche quella parte di sé che si era lasciata calpestare, quella voce interiore che diceva "Forse hanno ragione loro." 

Un sorriso di sbieco, accarezzando con le dita il vuoto. Non lasciamo mai nessuno, portiamo tutto dentro, come un carico di legna umida. 

Eppure, lei scriveva sul telefono, con la furia di chi cerca di convincersi che le parole abbiano potere. Scriveva come chi affonda i denti in un’illusione: "Non mi arrenderò." E intanto, le mani tremavano.  

"Non mi arrenderò," certo, e allora perché ti bevi quel vino di merda? Perché non hai buttato fuori quella pila di libri che non leggerai mai? 
Una risata, puah…la rinascita non esiste, la vita è un’enorme, bellissima fregatura.  
Epperò, in fondo, non voleva morire senza avere almeno provato a credere in qualcosa.  

"Chi non si arrende talvolta non sa di aver già perso. 
Ma c’era bellezza anche in quella lotta, in quel continuo barcollare avanti, anche quando sembrava non ci fosse più nulla da guadagnare.  

Ma a cosa brindiamo davvero, quando brindiamo a ciò che sarà? 
Forse a una speranza che non osiamo confessare nemmeno a noi stessi.

Poi le scese un sorriso pacato. 
Non c'era nulla da rinascere. 
Nulla da lasciare indietro, nulla da proiettare nel futuro. La rinascita non è un punto d’arrivo, né una promessa di mezzanotte. 
È solo l’illusione che ci conforta.  

La vera rivoluzione non è lasciare il 2024 dietro di te o immaginare un 2025 migliore. È abbandonare l’idea stessa di dover combattere contro qualcosa. 
È guardare il bicchiere vuoto senza rabbia, senza rimpianto, e accettare che non c’è nulla da riempire.  

E lei, seduta a quel tavolo, sospirò. 
Lasciò il bicchiere sul tavolo e spense il telefono. 
Brindò comunque, ma con un sorriso incerto. 
Forse, stava cominciando a capire.  

Portateli presto, i vostri figli, portateli alle mostre. 
Fategli vedere un Monet prima che qualcuno gli spieghi cos'è un'impressione.
Io avevo sette anni. 
Papà mi disse: "Guarda, non è né alba né tramonto, è il sole che non si decide" Rideva. Io ci ho creduto. 

Le pennellate scomposte sono il linguaggio dell'infanzia. 
Il mare non era blu, e allora? La mia maestra diceva: "Il blu è il blu". No, è quello che vuoi. 

Ora lo so, è l’alba. L'ho letto, l'ho studiato. 
Ma chi se ne importa? 
Non c’è una differenza, solo la luce che cresce o che scivola,  e noi, sempre a fissarla,  a cercare di darle un nome. 

La vita è una tela incompleta,  ironia e silenzi a sprazzi, e rido del senso che non troviamo, e non sempre è bene ricordare quanto pesi il tempo. 

Un giorno mio padre mi lasciò, davanti a una riva senza ritorno. 

A volte basta un angolo, una sedia. Siediti. Osserva. Non serve altro. Alla fine, presi il pennello e lo lasciai cadere. Guarda, senza cercare. Il sole sorge. Oppure tramonta. Solo tu ti chiedi cosa fa.

(A. Battantier, Memorie di un’adolescente, Memorie di un amore, Mip Lab, 12/24, Claudia CDF)


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