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L'UOMO CHE SEGUIVA LE OMBRE (sembrava di essere entrati nel sogno di qualcuno)

Faceva freddo lungo la strada, ogni lampione gettava un’ombra sbilenca e lui camminava con le spalle curve, le mani in tasca e il cuore pesante.

L’uomo dietro il bancone gli mise davanti un bicchiere senza chiedere niente. "Hai l’aria di chi non torna mai a casa," disse il barista, ma quello non rispose e allora il barista lasciò perdere.  

Fuori dal bar, l’aria sembrava adesso ancora più fredda. Si fermò davanti a un lampione, gli sembrò di vedere una figura all’angolo della strada, una donna, o forse un’ombra.  

La seguì, perché era quello che faceva. Seguire le ombre. Era il suo modo di tenersi in movimento, di non lasciarsi sprofondare del tutto. La figura si allontanava senza fretta, come se sapesse di essere osservata. Un vestito lungo, scuro, che si dissolveva nei contorni della notte.  

"Chi sei?" disse a voce alta, ma le sue parole furono inghiottite dal silenzio. 

Quando girò l’angolo, non c’era più nessuno. Solo un vicolo vuoto, una porta socchiusa. Entrò. L’aria dentro era densa, odorava di muffa, c’erano scaffali pieni di libri polverosi, un vecchio pianoforte in un angolo. 

Sembrava di essere entrati nel sogno di qualcuno, in una memoria che non gli apparteneva.  

Sul tavolo, al centro della stanza, c’era un piccolo specchio. Lo prese in mano. Lo specchio non rifletteva il suo viso, ma qualcos’altro: un mongolfiera sorvolava una foresta, poi un deserto. 

"Ti sei perso," disse una voce. Era una donna, seduta sul pianoforte. Non l’aveva sentita entrare. "E non troverai nulla finché non smetti di cercare."  

"Non cerco niente," rispose lui, ma di sedette accanto al tavolo.

"Sei venuto qui per sapere," disse lei. Lui alzò lo sguardo, ma la donna non c’era più. Solo il pianoforte. Si alzò e uscì.  

Fuori, la strada era diversa. Non c’erano lampioni, né marciapiedi. Solo una distesa grigia, né terra né cielo. Camminò, perché quello era tutto ciò che sapeva fare.  
Non si trattava più di trovare o perdere qualcosa. Ogni passo si confondeva con l’altro.

E allora comprese: non c’era nessuna strada, nessun luogo verso cui andare. Nessuna anima da perdere o ritrovare.  

Si fermò. Il mondo attorno a lui si fermò. E non fu silenzio, né pace, né tormento. Fu soltanto il momento, vasto e immobile, che lo abbracciava come un vecchio amico mai conosciuto.

(A. Battantier, Memorie di un amore, Mip Lab, 2002. Art by Stephen Stadif)

#memoriediunamore 
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