🎸 ADDIO PAOLO BENVEGNÙ (Se non si riesce a stare bene nel mondo, allora bisogna crearsene uno proprio)
🎸 ADDIO PAOLO BENVEGNÙ (Se non si riesce a stare bene nel mondo, allora bisogna crearsene uno proprio)
Siamo l' attimo fuggente ma la musica che suoniamo è per sempre.
Il mondo è piccolo.
Ho appreso la notizia in un bar, ho visto un uomo alto con le spalle curve, osservava fuori dalla vetrina.
Aveva le mani intrecciate sul tavolo, le unghie mordicchiate.
Un giovane con i capelli rasati e il giubbotto di pelle è entrato, sfiorandogli il tavolo con lo sguardo prima di sedersi due sedie più in là. Avevano lo stesso naso, gli stessi occhi appena infossati, lo stesso tremore alle dita, ma nessuno dei due l'ha notato.
Una donna, poco distante, sistemava i fogli di un quaderno azzurro.
Scriveva con cura, ma la mano le tremava.
Una frase scivolava sul foglio:
“Madre, padre, mi puoi perdere?” Sospirava e guardava oltre il vetro.
Una spiaggia affollata. Bambini correvano e si scontravano come onde.
Un uomo alzò una bambina, facendola roteare in aria. Rise. Lei rise di rimando.
Era tutto lì, pensava.
Lo sguardo dell’altro, la convalida: Guardami, apprezzami, dimmi che non puoi fare a meno di me.
La scrittura pare inutile, come inutile sembra parlare d’amore. Eppure, eccoci qui a scrivere.
Nel riflesso della finestra, un cane legato alla catena abbaiava.
Forse voleva essere libero, forse era solo stanco di vivere senza che nessuno sapesse davvero che esistesse.
“È un bel giorno per naufragare,” disse l’uomo alto al ragazzo, senza voltarsi.
Il giovane, sorpreso, si alzò e venne a sedersi di fronte a lui.
“Naufragare in cosa?”
“In tutto. Nell’oceano, nei sensi, nell’invisibile. È l’unica via d’uscita.”
“Uscita da cosa?”
“Dal nulla che ci siamo creati.”
Le loro mani, grandi, nodose, si muovevano nello stesso modo.
Il ragazzo tamburellava sul tavolo.
L’uomo lo imitava, senza accorgersene.
“E se fosse tutto inutile?” chiedeva il giovane.
“Lo è.”
“E allora perché continuare?”
“Perché è bello. Perché siamo stupidi. Perché la felicità è solo gioia di correre, al netto di tutto il resto.”
Nella biblioteca accanto, studenti sfioravano i libri, si sfioravano tra loro, sussurravano parole e sorrisi. Ogni gesto sembrava un codice segreto.
L’amore appariva reale e irreale insieme, un linguaggio che cambiava con chiunque lo parlasse.
In un angolo, un uomo con la barba sfogliava un libro di poesie.
La vita è una disobbedienza continua, leggeva.
Pensava a sua madre. Pensava al profumo della terra dopo la pioggia.
Pensava che la rivoluzione non sarebbe mai avvenuta con le armi, ma con la grazia.
Un’anziana lo guardava e sorrideva.
Anche lei aveva un quaderno azzurro.
Scriveva e poi strappava il foglio.
Lo porgeva all’uomo.
Lui lo leggeva:
“Non è importante dove andrai. Né chi sarai. La vita non si capisce, si vive. E ogni vita è un’intera galassia.”
Nella metropolitana sottostante, un uomo con le cuffie guardava il buio fuori dal finestrino.
Si sentiva sospeso tra luce e ombra, tra possibile e impossibile.
Aveva una canzone di nelle orecchie. La sua preferita.
Quando scese, si scontrò con una donna. Le scivolò un fiore dalla borsa.
Lui lo raccolse, glielo restituì. Lei ringraziò con un sorriso. Per un attimo, si guardarono come se si conoscessero da sempre.
Poi proseguirono, ognuno verso il proprio nulla.
Ma nel breve istante dello sguardo, un mondo si creò.
Alla fine, quando tutto tace, resta il rumore delle onde.
E le stelle.
“L’amore, il dolore, la gioia. Tutto è il riflesso di una sola cosa: la vita,” diceva il ragazzo, in piedi accanto al mare.
L’uomo alto annuiva. “E la vita è un’illusione,” rispondeva.
“Ma un’illusione bellissima.”
Guardarono l’orizzonte. Silenziosi. Due gocce dello stesso oceano.
(A. Battantier, Memorie di una canzone, Memorie di un amore, dedicato a Paolo Benvegnù, 31/12/2024)
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