PER CHI È LA VERITÀ (La verità non è altro che l’assenza di conflitto tra l’interno e l’esterno, un'unica linea che attraversa il nostro essere)
Ecco, la verità, quella maledetta e scivolosa che sfugge tra le dita, affilata come vetro rotto, morbida come una nuvola.
E noi pronti a riceverla o a rigettarla, a distorcerla in una serie di mezze verità, bugie bianche, gesti educati, cortesi ossequi.
Ci addomestichiamo le parole, ci accarezzano la lingua, finché non ci mordono in gola.
La verità è per chi riesce a sopportare l'odore di un cesso intasato in una squallida bettola, per chi si lascia consumare dall’amarezza senza indossare sorrisi di circostanza.
Ma qual è questa verità che inseguiamo tutti come fosse una redenzione, come un fiume che lava via il peccato?
Abitiamo una prigione fatta di parole, di immagini, di ruoli che ci siamo cuciti addosso per evitare di rivelare chi siamo davvero, a noi stessi e agli altri. Fingiamo, e chiamiamo questo fingere “gentilezza.”
Diciamo mezze verità, nascondiamo ciò che pensiamo per "non ferire."
Epperò ferire è l’essenza stessa del contatto umano, la fiamma che brucia e scalda.
La verità non è né dura né dolce, è semplicemente lì, cruda e assoluta, anche se ci vorrebbe una dose di coraggio per guardarla in faccia, per aprire quella porta che si tiene chiusa.
Chi si ricorda Eli Loker in "Lie to me"? Il ricercatore che ha deciso di non mentire mai a nessuno, e per questo dice sempre ogni cosa che gli passa per la testa.
In fondo, teniamo dentro perché abbiamo paura di quello che potremmo vedere se lasciassimo uscire tutto. La rabbia, l’insofferenza, la stanchezza che ci mordono l’anima.
È più facile sorridere e dire parole dolci, quelle stesse parole che magari un giorno ci strozzano, e che dobbiamo "mangiare" quando le cose vanno storte.
È che ingoiarle fa male, è come versare veleno sulla ferita, un altro strato di menzogna a coprire la verità bruciante che ci divora dentro.
O forse il problema non sono le parole o le bugie che scegliamo di raccontare, ma la divisione che abbiamo creato dentro di noi, quella tra ciò che mostriamo e ciò che nascondiamo.
La verità, in questo senso, non è altro che l’assenza di conflitto tra l’interno e l’esterno, un'unica linea che attraversa il nostro essere, libera da strappi e torsioni.
Ma come fare a camminare su quella linea senza inciampare?
Come si fa a non avere paura di rivelare quella parte di noi che teniamo nascosta, perché vulnerabile, perché arrabbiata o triste?
In fondo è solo una questione di accettazione: siamo animali feriti che cercano di sopravvivere.
E quando smetti di combattere quella verità scomoda, quando la guardi in faccia e la lasci andare, senza cercare di abbellirla, allora sei libero.
Libero di dire quello che pensi davvero, anche a costo di non piacere, di sembrare scorretto o vulnerabile.
La verità non ha bisogno di ornamenti o di dolcezze. Non ha bisogno di essere acconciata o tenuta sotto controllo.
È come un vento che spazza via ogni costruzione che abbiamo eretto per proteggerci.
La verità non è una questione di dolcezza o durezza, ma di trasparenza.
Alla fine, forse, il consiglio più onesto è questo: scegli il momento, il giusto istante, per dire ciò che è dentro senza preoccuparti del suono che farà.
Non pensarci troppo, perché se inizi a pensarci troppo, è già finita: sei tornato a costruire muri.
La vita è troppo breve per tenere le cose dentro; che siano amare, dolci o insipide, lasciale uscire.
(A. Battantier, Memorie di un amore, Mip Lab, Rm 5, 10/2024. Art by Stephen Stadif)
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