PERDONA IL TUO PASSATO. NON SAPEVI LE COSE CHE SAI OGGI (ti svegli quando vedi, ma perseverare è diabolico. A volte, il dolore è l’unica cosa che ci rende umani)
Tutta questa storia del perdono ci ha preso alla testa.
Siamo esserini confusi che giocano con i resti delle proprie follie.
Commettiamo errori, tradimenti, e poi ci giriamo e rigiriamo, ci mettiamo lì a fare i conti.
Ma c’è da chiedersi: è davvero perdono quello che cerchiamo, o solo una scappatoia per non sentire il peso delle nostre stesse colpe?
Quando sbagli, lo sai, fa male. Ma, se sai di star sbagliando e continui, è diabolico.
E poi? Cos'è che ti resta?
Ti resta quella strana compagnia che ti sputa addosso quando guardi il muro vuoto, che ti guarda nello specchio e ti rinfaccia di essere stato uno stupido, uno che aveva la testa troppo gonfia di orgoglio per imparare a tempo.
Epperò poi penso che il passato non ha potere se non glielo concedi.
La colpa alle volte è un inganno della mente, un meccanismo che trattiene, soffoca, limita.
Quando capisci veramente, non nel senso intellettuale o razionale, ma in quello profondo, intimo, che il passato è una proiezione della mente, allora il perdono diventa una conseguenza naturale.
Non è questione di cercare una via d'uscita o di "scappare".
È comprendere che il passato non esiste, è un fantasma, un’ombra proiettata da quello che la mente crede di essere.
La consapevolezza, tuttavia, arriva quando ti concedi il permesso di vedere la realtà per quello che è.
E, una volta visto, come può esserci spazio per l’odio verso te stesso/l'altro o per il rimpianto?
Certo, così sembra semplice e non si fanno i conti con l'umana fragilità.
Passato, fantasma, puff!
Ma non è che così stiamo giustificando tutto?
È troppo facile dire che dobbiamo staccarci dal peso degli errori e scivolare nell’eternità del presente.
Ho visto gente usare queste belle idee per mascherare la propria codardia.
Fanno una cazzata, e invece di prendersi la responsabilità, parlano di “consapevolezza” e “liberazione dal giudizio”.
Non mi basta.
Vuoi parlare di colpa?
La colpa è di chi sa e ignora, di chi inciampa con consapevolezza (Padre...perdona loro perché non sanno quello che fanno...lo sanno, lo sanno!), di chi se ne frega per orgoglio, di chi non vuole cambiare per pigrizia o per paura di scoprire che ha perso la vita a essere lo scemo del villaggio.
Uno dovrebbe guardare se stesso allo specchio e dire: “Sì, ho sbagliato, e me ne assumo la responsabilità”.
Solo allora forse, e dico forse, può pensare di liberarsene.
Eppure la colpa non ha mai liberato nessuno.
E nemmeno il disprezzo verso se stessi.
La vera consapevolezza è il processo del vedere chiaramente, senza giustificazioni o scuse, ma anche senza flagellazione.
Se stai cadendo ancora e ancora negli stessi errori, non è per una mancanza di volontà, ma per una mancanza di comprensione profonda.
La consapevolezza non è sempre una scorciatoia per evitare la responsabilità, ma un terreno su cui muoversi con onestà e con lucidità.
Fino a che credi che “perseverare è diabolico”, stai ancora pensando in termini di condanna, di divisione.
Dividi te stesso in carnefice e vittima, e questa scissione è proprio quello che ti tiene incatenato.
Vedere senza giudizio, senza orgoglio o risentimento, è il primo passo per lasciare andare.
E allora sì, forse si può parlare di perdono.
Epperò, per un'animella fragile c’è qualcosa di disumano in questo distacco.
Siamo carne e nervi, siamo sbagli e ripensamenti, e diciamo le stesse menzogne a noi stessi per anni perché abbiamo paura di guardare in faccia quello che siamo diventati.
A volte il perdono non è altro che un modo per non affrontare.
C'è una dannata paura, un groviglio di scuse e finzioni.
Se non vuoi che il passato ti perseguiti, allora devi guardarlo in faccia e lasciarlo esplodere davanti a te, senza nasconderti dietro alla serenità, alla saggezza, a tutti quei discorsi raffinati zen.
A volte, il dolore è l’unica cosa che ci rende umani.
Il dolore può essere un maestro, tuttavia, se rimaniamo prigionieri di esso, se ci identifichiamo con quella sofferenza, che cosa stiamo imparando?
È lì la trappola.
Comprendere il dolore, senza giudizio, è ciò che ci permette di liberarcene.
Perdona il tuo passato, perché quando eri là, in quel momento, non sapevi quello che sai oggi.
E la consapevolezza, quella vera, non ha bisogno di castighi o perdoni.
Non è una questione di espiazione, ma di visione.
Certo, a volte sembra troppo, tutta questa consapevolezza, questo dover guardare dentro a ogni angolo.
È come voler smontare un sogno pezzo per pezzo finché non rimane nulla.
Magari il passato è solo questo: un brutto sogno da cui non riesci a svegliarti.
Epperò (questo è il risvolto che mi piace) ti svegli quando vedi.
Non è un risveglio euforico, adrenalinico, non è un’esplosione di gioia.
È semplice, diretto.
È guardare ciò che eri e ciò che sei ora, senza rancore. Quando davvero comprendi, non c'è nulla da perdonare.
(A. Battantier, Memorie di un amore, Mip Lab, Lab Rm, 10/24. Art by Jordi Lafebre, Nonostante tutto)
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