Passa ai contenuti principali

IL TRADIMENTO (spiegato a Umberto Galimberti)

Alle volte si scelgono parole luccicanti, per proteggere qualcosa di prezioso. Ma sai, il tradimento, a guardarlo da qui non è tanto cosa per essere veri. E se lo dice quel plagiatore di Umberto Galimberti!

"Tradire per essere veri". Come suona bene, come suona profondo. Solo che tradire non è un esercizio di filosofia; è un momento da due soldi in una stanza a luci basse o in un baretto con due spritz, un attimo di carne e di vigliaccheria. 

E se lo vogliamo giustificare, lo facciamo sempre con un mucchio di parole ben levigate.

Ma alla fine, quello che chiami tradimento non è una nobile ricerca di sé: è una scusa, un biglietto di sola andata per la stazione “non è colpa mia...è stata tua la colpa e allora adesso che vuoi?”.  

E questo elogio del tradimento come atto di emancipazione, come via verso l’individualità, mi fa venir da ridere. 

Perché non è solo la libertà di andarsene che conta, ma il peso di chi resta. 

Ci scambiamo fedeltà e amore come monete, pensando che l’altra persona ci dia qualche assurdo valore di mercato, e poi, alla prima difficoltà, mannaggia, ecco che quel legame diventa una catena da cui ci dobbiamo liberare.

Come se questa fosse libertà, come se quello che ci manca davvero fosse solo il coraggio di stare da soli. 

E quel “tradimento che sveglia le coscienze”? Più che altro sveglia la collezione di stronzate che raccontiamo per coprire la realtà: siamo soli e non abbiamo il coraggio di ammetterlo.

E Galimberti parla pure del traditore come uno che sa tutto, che ha capito cose che il tradito non sa. 

Ti dirò io che cosa sa: sa come fuggire, come abbandonare qualcuno e chiamare l’abbandono libertà. 

Sa come rigirare tutto questo in una storiella edificante, ma non sa un accidente del rimanere, di che cosa vuol dire stare e lottare e non andarsene, anche quando la tempesta si alza e le promesse cominciano a suonare vuote. 

Ma nessuno scrive poemi su quelli che restano, perché non c’è nulla di romantico nella resistenza. 

Si sa, è più facile mollar tutto e poi chiamarla “crescita personale”.

Umberto Galimberti parla poi del “camuffamento dei nomi”, un altro giochetto. Intende affermare che chi cerca la fedeltà ha paura, che si nasconde. Ma chi scappa e chi tradisce ha paura lo stesso.

Il lato oscuro della fedeltà è che costringe a fare i conti con le nostre fragilità, ci costringe a vedere chi siamo, brutti e spaventati. 

Quale sarebbe la via alla libertà del tradimento?
Se per incontrare te stesso hai bisogno di fare un bel casino nella vita tua e degli altri, allora forse quello che stai cercando non è libertà, è solo una distrazione e distruzione.

Il tradimento è l'ultimo avamposto per darsi un’identità. La verità è che non si tratta di fedeltà o tradimento, si tratta solo di avere la schiena dritta e ammettere che siamo fatti di bisogni miserabili, che l’amore è una sporca lotta senza trofei. 

(A. Battantier, Memorie di un amore, Mip Lab, 11/24, Cla&Cla, Pa&Pe)

#memoriediunamore 
#MIPLab 

Post popolari in questo blog

SPESSO IL PUNTO DEBOLE DI UNA PERSONA È SEMPLICEMENTE UN'ALTRA PERSONA

"Ci piaccia o non ci piaccia, l'Altro ha un altro Altro. Talvolta giungiamo a vederlo, ma ci vogliamo illudere che sia sempre lo stesso.  E invece è l'Altro dello Stesso.  Ma lo Stesso non è più lo stesso.  È anche qualcos'altro: l'Altro.  Questo vale anche per noi, ci piaccia o non ci piaccia". (M. Thompson Nati, Paradoxes of ego,1995) "Tu hai ciò che sei.  L'essere si può modificare.  Non farti portare dai tuoi sogni.  Conduci i tuoi sogni alla realtà del tuo essere" (Lao Bu Shem)

IL SIGNIFICATO

"Tu decidi qual è il significato della tua vita. La gente parla del significato della vita, ma ci sono tanti significati di vite diverse e tu devi decidere quale vuoi che sia il tuo". (J. Campbell)

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE. "Che poi è il problema mio. Io voglio tanto troppo e alla fine non ottengo nulla. Forse dovrei accontentarmi, ma non nel senso del rassegnato. Bu, non so. Forse quello che ho mi dovrebbe bastare per darmi la carica per andare avanti senza soffrire per quello che non ho. Insomma me sò incartato. Voglio dire, dovrei usare quello che ho per andare avanti, altrimenti resto sempre a mani vuote, con questo senso di lamentela e di tristezza che mi assale perché non ho le cose, perché non ho raggiunto me stesso. Ma me stesso eccolo, son io, son qua. Ho  problemi con il concetto di fallimento, perché tante volte mi sono trovato ad intraprendere dei percorsi. Per poi finire nei burroni del fancazzismo, nelle selve delle indecisioni perenni. Non mi ero mai chiesto però quanto dipendesse da me, e dalle mie posizioni iniziali, ovvero volere la luna senza neanche essere sceso dal letto. Vuoi qualcosa? Inizia a trovare le ciabatte, inizia a vestirti, in...

Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio

(Dedicato a mio padre e al papà di Antonio Leotti) Me ne sono andato pensando all'errore di lasciare solo mio padre, Antonio Gennaro Battantier, nato a San Casciano dei Bagni, agricoltore, uomo retto e gran lavoratore. Ho cercato per anni la perfezione, seminando errori, che poi ho coltivato, cucinato e mangiato. Mio padre da me si aspettava ben altri raccolti. Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio, e sono ossessionato da mio padre, che un bel giorno lascia tutto in campagna e si mette a cercarmi, finendo barbone. E' stata mia la colpa? Io me ne partii per rinascere uomo. Lui per morire da bambino che non fu. Mio padre che non mi parlava, e mi scriveva belle lettere con la sua penna antica. Io leggevo quei pesanti fogli e sì, mi commuovevo, ma mai una volta poi trovai il coraggio di rispondere. Io parlavo bla bla bla, e lui scriveva ccccccccccc. Io un bel giorno lo trovai sulla panca del mio Consultorio, con la barba e quel suo essere ormai sperso e ...