La crescente diffusione della chirurgia estetica rappresenta un fenomeno emblematico delle dinamiche culturali e sociali della contemporaneità.
Non è semplicemente una questione di vanità individuale, ma un indicatore dei profondi condizionamenti imposti dal sistema economico, mediatico e culturale.
Per comprendere questo fenomeno, dobbiamo collocarlo in un quadro più ampio: quello di una società che ha progressivamente sostituito il valore umano con il valore di mercato, e l'identità personale con un ideale di perfezione prefabbricata.
Il capitalismo avanzato, attraverso i suoi strumenti più efficaci – pubblicità, social media e influencer – ha trasformato l'estetica del corpo in un prodotto da vendere e acquistare.
I social media, in particolare, agiscono come agenti normalizzatori di un modello di bellezza irrealistico e standardizzato, costruendo una pressione costante, specialmente sulle donne e sui giovani.
La chirurgia estetica non è più percepita come una scelta consapevole e ponderata, ma come una necessità per "appartenere" o per raggiungere un'accettazione sociale che sembra altrimenti irraggiungibile.
La promessa del consumismo, quella di una felicità raggiungibile attraverso l'acquisto, si è estesa al corpo stesso, che diventa una merce da "ottimizzare".
Ma la logica di mercato non si ferma alla vendita del sogno: implica anche un sistema che consapevolmente sfrutta vulnerabilità individuali, come l'insicurezza e la fragilità psicologica, per massimizzare i profitti.
La pressione per "apparire" lascia molti giovani privi di strumenti critici per valutare le scelte che compiono.
La mancanza di regolamentazione adeguata nell'industria della chirurgia estetica aggrava ulteriormente il problema. Quando un medico può operare in strutture non adeguatamente attrezzate, o quando i rischi dell'intervento vengono minimizzati in nome del guadagno, il sistema sanitario abdica alla sua responsabilità fondamentale: proteggere la vita.
La tragica storia di Margaret non è quindi un incidente isolato, ma il sintomo di un sistema malato che antepone il profitto alla sicurezza e al benessere.
Il fatto che la scelta del chirurgo venga spesso guidata da piattaforme come TikTok, dove l'immagine domina sulla sostanza, sottolinea l'urgenza di una riflessione collettiva sul ruolo di queste tecnologie nella nostra società.
Esse non sono strumenti neutrali, ma agenti attivi nella modellazione delle nostre priorità, dei nostri valori e delle nostre paure.
Dobbiamo sfidare l'idea che il valore di una persona risieda nel suo aspetto esteriore o nella sua capacità di conformarsi agli standard imposti.
Questo richiede un'educazione che promuova la consapevolezza critica e un sistema sociale che offra supporto reale, piuttosto che vendere illusioni.
A chi giova? A chi serve una società dove l'individuo è ridotto a consumatore, dove persino il corpo diventa un oggetto di scambio?
Se non ci poniamo questa domanda, continueremo a essere complici di un sistema che sacrifica vite umane sull'altare del profitto.
Il prezzo di questa complicità è, come sempre, pagato dai più vulnerabili.
(A. Battantier, Mip Lab, 11/24)
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