Privarsi delle cose superflue è un modo per afferrare la vita. Niente inutili orpelli.
La povertà non è solo miseria, può essere una scelta. È un’arte del togliere, un’eliminazione del superfluo.
La povertà può essere intesa come libertà dall’ossessione dell’avere: ti costringe a guardare l’ombra delle cose, a vivere nell’intervallo tra un’assenza e l’altra.
La povertà non è soltanto l’assenza di beni, l’essenzialità non è virtù, è necessità trasformata in filosofia.
Per me è come scrivere una poesia senza parole superflue: ogni sillaba pesa, ogni pausa respira.
L’essenzialità diventa una forma di preghiera per chi sa ascoltare, un richiamo al centro di noi stessi.
Nella povertà, il mondo perde il trucco e rimane solo il volto. Guardare la faccia scarna della vita e trovarla ancora bella, ancora piena di possibilità.
La povertà è una forma di silenzio interiore. Non si tratta di rinunciare per rinunciare, ma di spogliarsi per vedere.
Essere essenziali non significa semplicemente avere poco, significa essere vuoti di attaccamenti, di illusioni, di tutto ciò che ci imprigiona.
La vera povertà è libertà, non una condizione ma uno stato dell’essere, una ribellione contro il consumo, contro l’accumulo. È un ritorno all’origine, un guardare il mondo senza filtri.
Ma per farlo, bisogna avere il coraggio di restare soli, di essere nulla, di essere tutto.
Il concetto di povertà come essenzialità ci mette davanti a uno specchio. La povertà non è mancanza, è spazio. È il momento in cui si smette di desiderare per cominciare a vedere, a toccare. È l’essenza di ciò che ci rende umani, nudi davanti al tempo, pieni solo di ciò che è reale.
Non c’è povertà, né essenzialità, senza un atto di coraggio.
Ma in quel coraggio, a mio avviso, c’è il segreto della ricchezza: un bicchiere d’acqua che sa di eternità, un raggio di sole che non ha prezzo.
(A. Battantier, Mip Lab, 2020. Art by Stephen Stadif)
#memoriediunamore
#MIPLab
#stephenstadif