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DUE FARFALLE (Bastava un istante, quello giusto, per essere eterno)

In un giardino due farfalle volteggiavano leggere. Una aveva ali arancioni screziate di nero, l'altra ali rosse con ombreggiature sfumate. Si sfioravano come foglie portate dal vento, eppure, quando si guardavano, sembrava che ogni battito delle ali contenesse un piccolo segreto. 

«Dimmi qualcosa di bello,» disse la farfalla dalle ali nere, che si chiamava Ilya. La sua voce era un soffio, un sussurro tra le antenne delicate dell'altra.

Yara, chiuse per un istante le ali, come per raccogliere qualcosa da offrire. Poi rispose: «Domani.»

Ilya sospirò. «Ancora? Mi parli sempre del domani. Ogni vita è sempre “domani” con te.»

Yara alzò le antenne, come se quel gesto potesse darle un’aria d’importanza. «Sì, ma pensa… anche domani ci rincontriamo. Non è meraviglioso?» 

La loro storia non cominciava lì, in quel giardino. Ilya e Yara si erano già trovati e perduti in mille modi, in mille vite diverse. 

Una volta erano stati gatti randagi, strusciandosi tra vicoli e promesse; un’altra volta erano stati alberi, le radici intrecciate in un bosco fitto, così vicini da sentire l’uno il respiro dell’altro attraverso il terreno umido. 

Ma non era andata sempre così bene: Ilya ricordava, con un po’ di amarezza, quella volta in cui erano stati due scoiattoli. Yara si era messa a cercare noccioline tutto il giorno, dimenticando completamente dell’appuntamento. 

«Ti ricordi quando eri una volpe?» chiese Ilya, piegando leggermente le ali come se quel ricordo pesasse.

Yara fece una piccola giravolta in aria. «Oh, sì! E tu eri un topo! Ma eri così spaventato, poverino. Mi ci sono volute ore per convincerti che non ti avrei mangiato! Continuavo a dirtelo…ti amo…solo te!»

Ilya scosse la testa. «Avresti dovuto pensarci prima di diventare una volpe. Sai, certe scelte sono un po’… scomode.» 

Risero insieme, in quel modo leggero e silenzioso che le farfalle possono permettersi. 

Non era mai stato facile ritrovarsi, tra corpi, forme e specie diverse. Ogni volta, dovevano cercarsi, fiutarsi, riconoscersi. Qualche volta bastava uno sguardo, altre volte un profumo, un tocco impercettibile. In alcune vite, non si riconoscevano subito, in altre si sfioravano solo per un attimo, un errore, e poi via, persi tra il mondo e il tempo.

«Però questa volta è più difficile,» sussurrò Yara. «Siamo farfalle, Ilya. Viviamo così poco.»

Ilya non rispose subito. Guardò il giardino, il cielo, e poi tornò a osservare Yara. «Lo so, ma… ci troveremo ancora. Abbiamo sempre saputo come fare.»

«E come faremo stavolta?» Yara inclinò la testa, aspettando un piano, una promessa. 

Ilya ci pensò, battendo lentamente le ali. «La prossima volta, potremmo ritrovarci all’alba, in un campo di fiori bianchi. Qualunque cosa saremo, ci sarà qualcosa di familiare… una luce, un profumo. Non potremo sbagliare.»

«Fiori bianchi, all’alba.» Yara ripeté le parole come se le stesse incidendo nel cuore. «Ma se uno di noi si perde?»

Ilya rise. «Ci perderemo, come al solito. Ma solo per un po’. Anche quando siamo persi, in fondo sappiamo che ci siamo.» 

Restarono in silenzio, sentendo la fragilità delle loro ali che li sosteneva appena nel vento leggero. In quella stagione breve, ogni attimo sembrava rubato e prezioso. Le loro vite si stavano consumando, e lo sapevano. Ma sapevano anche che il loro amore non aveva bisogno di una vita intera. Bastava un istante, quello giusto, per essere eterno.

Il sole cominciava a calare, e il loro tempo si stava spegnendo come la luce del giorno. Yara si avvicinò a Ilya, e gli sussurrò: «Allora, ci vediamo domani?»

«Sì,» rispose Ilya. «Ci vediamo domani. E se sarai una rosa, sarò la brezza che ti sfiora; se sarai un sasso, sarò il muschio che ti copre. Qualsiasi cosa sarò, ti cercherò.»

Si alzarono nell’aria, le loro ombre intrecciate proiettate sull’erba. Per un attimo furono solo due sagome scure contro il cielo infuocato, indistinguibili, unite. Poi, piano piano, volarono via, ognuno da una parte, verso l’orizzonte.

In quel giardino silenzioso, rimase solo una leggera traccia dei loro battiti d’ali, come un ricordo, una promessa sospesa nell’aria, pronta a risvegliarsi nella prossima vita.

(A. Battantier, Memorie di un animale, Memorie di un animale, Mip Lab, 2024. Art by Fabio Magnasciutti)

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